Non una festa, ma una giornata di battaglia e riflessione. Per fare il punto, che sia in strada, in sciopero o nei luoghi istituzionali, su quanto ancora la realtà, in tema di diritti e opportunità per le donne, sia diversa dalle attese, gli sforzi personali e i ciclici per quanto autentici proclami. Una strada in salita anche sul fronte delle violenze, sintomo di una società che tende ancora a tarpare le ali all’emancipazione femminile, che suona l’allarme rosso per i rigurgiti di potere e possesso che insanguinano i rapporti, specie ma non solo, laddove la donna è in una condizione di sottomissione economica o familiare. E che anche in termini di salari e organigrammi al vertice, mostra ancora un umiliante paradosso tra exploit femminili ed eguali remunerazioni.
Un otto marzo, quello di oggi, anche di polemiche, in nome di un credo subdolo e strisciante che ritiene ci siano vittime di serie A e serie B. Esploso ieri alla vigilia della Giornata internazionale della donna, durante la maratona dell’associazione “Setteottobre” in cui sono state ricordate a Roma le donne israeliane vittime di violenza e si è alzato polemico un coro: «Non una di meno, dove sei?”. Da qui l’attacco della presidente dell’Unione delle comunità ebraiche Noemi Di Segni al corteo transfemminista promosso da “Non una di meno” per oggi, dove come avvenne il 25 novembre in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, le attiviste, hanno preso le distanze con un comunicato in cui dichiarano di «essere solidali con il popolo palestinese» e «reclamano l’immediato cessate il fuoco a Gaza». La piattaforma sarà portata in piazza oggi a Roma, Torino, Milano e Firenze. «Negare ciò che è accaduto alle donne israeliane il 7 marzo è antisemitismo», intima Di Segni, le fa eco la ministra Eugenia Roccella che si schiera con la Comunità e lancia la sua proposta: «Il 7 ottobre diventi il giorno contro il femminicidio di massa per ricordare appunto le tante israeliane massacrate, sequestrate, violentate da Hamas», puntualizzando che «non tutte le associazione sono dalla parte di “Non una di meno” e non tutte dimenticano la sorellanza». Laconica la replica delle attiviste: «Se vogliono partecipare, mica chiediamo il documento. Noi siamo solidali con le donne che subiscono violenze».
Una giornata dalle mille sfaccettature, come è variegata la sensibilità femminile. Guardia d’onore al femminile, quest’oggi al Quirinale, dove la Giornata Internazionale della Donna, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è dedicata alle “Donne dell’arte”, condotta da Teresa Saponangelo, aperta dalla proiezione di un video di Rai Storia dal titolo “Lavinia e Artemisia, donne pittrici del ‘600”, seguita dalle testimonianze di Etta Scollo, cantautrice, Francesca Cappelletti, Storica dell’arte e direttrice della Galleria Borghese, Helena Janeczek, scrittrice, Chiara Capobianco, street artist, e dal ministro Eugenia Roccella. Presenti le più alte cariche dello Stato. In Senato si terrà la conferenza stampa promossa da FdI per il premio “Eccellenza donna”, sempre a Palazzo Madama la commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani svolgerà una conferenza dal titolo “Le donne in un mondo del lavoro in evoluzione: verso un pianeta 50-50 nel 2030”.
Il lavoro
La conferma arriva dall’Inps, l’ultimo rapporto sui divari di genere nel mercato del lavoro e nel sistema previdenziale evidenzia come su 16,1 milioni circa di pensionati nel 2022, il 52% siano stati di genere femminile; queste però hanno percepito solo il 44% dei redditi pensionistici, ovvero 141 miliardi, con un importo medio mensile pari a 1.416, del 36% inferiore rispetto a quello maschile.
La violenza
Da una parte le affermazioni sofferte, tardive, eppure brillanti, dall’altra un dato che allarma: senza sostegni seri, si dimettono 44mila neomamme ogni anno, non riuscendo a conciliare cura dei figli e lavoro. Una scelta sofferta, ma un dato di fatto che il Governo sta cercando di tamponare con misure a sostegno della famiglia. Ma finché molte non avranno scelta, sottomesse a obblighi familiari, uniche incaricate dell’accudimento di figli e anziani, il giogo del ricatto e della sottomissione non si scioglierà. Da qui l’impossibilità di denunciare violenze, ricatti, abusi. Un circolo vizioso, che vede giovani donne bloccate, umiliate, arrese. Anche un gioco di potere, all’interno delle mura domestiche: la violenza e la prevaricazione nascondono sudditanze anche economiche. E i numeri delle violenze e dei femminicidi, non indicano una inversione di rotta. Una maggiore consapevolezza non basta, come pure un moto collettivo di sdegno. Serve una svolta. Meno panchine rosse, meno targhe intitolate. Centoventitré donne uccise nel 2023, già una decina nel 2024, una ogni due giorni, sono la punta di un iceberg che va ancora scalato.
Ultimo aggiornamento: Sabato 9 Marzo 2024, 00:01
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