Utrecht, l'Olanda vera tra bici, carillon e castelli

Utrecht, l'Olanda vera tra bici, carillon e castelli

di Simone Canettieri
Ci sono i castelli, sospesi sui canali e accarezzati dai mulini a vento che puntellano qua e là il verde. Stormi di biciclette che accompagnano cerbiatte bionde agli allenamenti di hockey sul prato, tutte di rosso vestite.  Piccoli borghi che irrompono nella natura con tanto di guardiano del ponte, e magari tre le viuzze ci si imbatte nella chicca del ristorante stellato (è il caso di Loenen dove c'è il Tante Koosje). 

Case basse, mattoncini, cupole per il the (sembrano quelle delle bambole) lungo le rive per guardare il silenzio.  E’ una cartolina dell’Olanda fuori dalle rotte tradizionali di Amsterdam quella che si apre nel Vecht (Vechtstreek), stesso nome del fiume  che si allunga dalla provincia di Utrecht fino alla regione di Noord-Holland. Basta prendere un treno - così puntuale da rimanerci quasi male - dall’aeroporto di  Schiphol e accomodarsi trenta minuti in direzione Utrecht (http://www.visit-utrecht.com/). Ora città  universitaria che conserva ancora il gotico dell’impero colonialista.
 
 


La torre del Duomo tranquillizza e controlla la situazione: occorre armarsi di pazienza e scalare i 500 gradini per arrivare su su, fino alla cima, dove l’architettura si sposa con l’arte delle campane, e quindi della musica, che si possono ancora attivare a colpi di martello per turisti stile San Tommaso. E a  proposito, sempre nel centro della cittadina olandese (per gli amanti del calcio diede i natali a Marco Van Basten)  c’è un museo magico da non far perdere a grandi e soprattutto piccini: è lo Speelklok. Quello dei carillon. Ce ne sono di tutti i tipi e di tutte le dimensioni: scatole magiche, antenate dei jukebox.  

La peculiarità di questa città a 35 chilometri da Amsterdam è la dimensione. Il turismo c’è, ma si affaccia timido, senza voler disturbare l’equilibrio che da queste parti hanno trovato e difeso in mezzo ai canali. Tra i negozi vintage (che poi è arte del riuso, e quindi una teoria di vita) e quelli di design, che ricordano a tutti che siamo in Nord Europa, e lo spazio (e non le parole) è importante. Il resto lo fanno le birrerie e i bistrot, che accompagnano i pomeriggi e le sere, tra una cioccolateria e l’altra.

In una città dove gli scampanellii delle biciclette hanno la meglio sui clacson, bisogna stare attenti alle conseguenze: le due ruote hanno sempre ragione agli incroci, e quindi i pedoni si devono adeguare (occhi aperti, please). Per godersi la città bisogna perdersi nei cortili interni di queste case così ordinate, sembrano calle veneziane ma abitate, silenzio e piante, rose e glicine, e gatti con il muso alle finestre. I canali si vivono in canoa e con i battelli, ma c'è anche l'opzione pedalò che sembra la più suggestiva e relativamente avventurosa. Di Utrecht colpisce la continuità logica  dello skyline: l'ordine gotico del centro si abbraccia a quello futuristico e vagamente cubista della periferia. Un bell'esempio di questo ragionamento lineare e legnoso è l'hotel Eye, con camere che sembrano spazi espositivi.

Fin qui la città, da vedere, senza dubbio e da assaporare piano piano con la giusta curiosità. Poi c'è il verde, la campagna, le biciclette, i tour nei castelli. Quello di Haar racconta di nobili e giardini all'italiana, stanze che ne nascondono altre, grandi cucine e arazzi alle pareti. Più Harry Potter che Camelot. Bisogna prendersi del tempo, inforcare la bici e partire, con le orecchie ovattate, nei tour tra i borghi: Maarsen, Breukelen, Loenen. Fermarsi e pedalare,  sperando di incontrare le ragazze che stanno andando agli allenamenti di hockey sul prato.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 27 Giugno 2016, 12:48
© RIPRODUZIONE RISERVATA