Sperlonga e la Grotta delle delizie: viaggio a 60 anni dalla scoperta dei tesori di Tiberio

Sperlonga e la grotta delle delizie: viaggio a 60 anni dalla scoperta dei tesori di Tiberio

di Laura Larcan
Esiste un luogo magico? In questo mondo, la scelta potrebbe davvero ricadere sulla Grotta di Tiberio a Sperlonga. La scommessa e' aperta. Un gioiello plasmato dalla natura, nobilitato dalla storia e sublimato dall'estro del secondo imperatore di Roma, che all'alba del I secolo d.C. ne fece la sua personale creatura delle meraviglie: corte delle delizie, amabile triclinio impreziosito dai quattro capolavori scultorei inneggianti alle imprese di Ulisse.
 
 

E ancora oggi, dopo duemila anni, regala la suggestione di entrare in un luogo magico, omaggiato dal dialogo speciale con il mare cristallino della riviera del Lazio, tra Terracina e Gaeta, dove il mito di Ulisse ha scolpito ogni roccia. "E' un luogo magico: una volta entrati, si ha la sensazione di essere protetti. Qui il mito affonda le sue radici, qui si respira la sacralita' di un luogo unico e qui immagino la ritualita' di antiche processioni. Mai documentate, ma sono sicura che avvenissero". Lo dice con un pizzico di emozione nella voce Marisa De Spagnolis, l'archeologa del Ministero dei Beni culturali, per tre anni direttrice della Grotta di Tiberio e del Museo archeologico nazionale di Sperlonga, oggi istituzione prestigiosa del Polo museale del Lazio. E l'Antro di Tiberio vale una visita in questa lunga calda estate perche' festeggia i 60 anni esatti dalla sua scoperta e dei suoi capolavori assoluti, avvenuta il 9 settembre del 1957. Non una semplice scoperta archeologica, ma una vicenda italiana quasi da epopea manzoniana, che la De Spagnolis conosce bene, come anche la precedente responsabile del sito Nicoletta Cassieri che tanti saggi ha dedicato al suo Tiberio sperlongano. 

15 MILA PEZZI. "Il merito della scoperta si deve all'ingegnere Erno Bellante", avverte De Spagnolis. La passione per l'archeologia spinge a fare ricerche, stimola lo spirito più intrepido. Bisogna avere intuizione. "E Bellante non fu archeologo ma ebbe l'intuito di un archeologo - continua la studiosa - Non a caso una madre tedesca di nobili origini l'aveva cresciuto con la passione per l'arte". Aveva avuto l'incarico di portare a temine la strada litoranea della via Flacca. All'altezza della grotta (che vedeva dal mare come una venatura sullo sperone di roccia ancora occlusa da strati di terra), preso dalla curiosita', mando' gli operai a fare un saggio di scavo. E l'avventura ebbe inizio. Dagli interri spunto' un primo frammento di marmo, poi un altro. Bellante emozionato più di un bambino  fece ampliare gli scavi fino a che riaffiorarono 15mila pezzi di statue straordinari. Non altro che i famosi gruppi scultorei di Tiberio ridotti nei tasselli di un colossale puzzle. E cominciarono anche i problemi. Intervenne la soprintendenza guidata da Giulio Iacopi che bloccò i lavori della strada: "In realtà ce l'aveva anche con questo ingegnere che aveva intrapreso gli scavi senza la sua autorizzazione", accenna De Spagnolis. Ma le opere in frammenti erano uno spettacolo: gigantesche gambe, spire serpentiformi, teste di un'espressività mai vista, fino al coup de theatre: l'incisione dei nomi di tre famosi scultori di Rodi Athanadoros, Aghesandros, Polydoros, gli stessi autori del leggendario "Laocoonte" (oggi ai Musei Vaticani), che Plinio il Vecchio definiva "summi artifices". "Siamo di fronte ad un'altra copia del Laocoonte", si convinse Iacopi. Ben presto gli archeologi decifrarono l'enigma: c'erano due differenti gruppi, Ulisse che acceca Polifemo, e il mostro marino Scilla che attacca la nave di Ulisse. Che fossero coevi del Laocoonte (150 a.C.), o copie romane dell'eta' di Tiberio da un originale greco in bronzo risalente al barocco ellenistico? "Ne nascera' una querelle accademica mai del tutto sopita", riflette De Spagnolis.

L'INSURREZIONE. Quello che era chiaro all'epoca era il valore delle opere. La decisione fu presa: dovevano essere trasferite a Roma, ricoverate nei depositi delle Terme di Diocleziano per il restauro. I marmi vennero fatti caricare sui camion. A questo punto il paese di Sperlonga reagi'. Anche qui, Bellante gioco' un ruolo chiave: "Di fronte alla volonta' di Iacopi di far partire i camion subito per Roma, chiese un giorno di tempo - racconta l'archeologa - in quelle 24 ore mosse tutte le sue pedine per bloccare il trasferimento, 24 ore per organizzare l'insurrezione di Sperlonga". Gli abitanti scesero per strada e si schierarono compatti davanti alla grotta da cui i camion dovevano partire. La folla era capitanata dalle donne incinte: nessuno avrebbe osato far loro del male. I carabinieri dovettero intervenire  per aprire dei varchi. I camionisti a quel punto, dalla parte del popolo, scesero dai mezzi: "Non possiamo passare sopra la gente, se volete farlo,  guidateli voi". Era settembre di 60 anni fa. Un paese contro i mezzi dello Stato nel nome di tesori d'arte che rappresentavano la storia di quell'angolo di mondo. Iacopi si arrese: ricovero' i preziosi marmi nella grotta, in una zona interna protetta. E qui cominciò il pellegrinaggio: "La scoperta ebbe una tale eco che arrivarono a Sperlonga fiumi di personalita' e stampa internazionale". Tra i primi, lo stesso Giulio Andreotti ministro. La conquista degli sperlongani fu la costruzione a tempo record del museo contenitore per le statue di Tiberio con i fondi della Cassa del Mezzogiorno. Inauguro' il 23 novembre del 1963. E con lui, la "rinascita" delle statue e di tutto il sito.

AMARCORD. Un'autentica impresa, condotta dal primo direttore Baldassare Conticello e dal restauratore-scultore Vittorio Moriello, coloro che sono riusciti a mettere ordine tra i 15mila pezzi di questo titanico puzzle. L'allestimento che oggi si ammira nel percorso museale si deve a loro. "Papa' amava talmente Sperlonga e questi tesori di Tiberio che non voleva essere trasferito ad altro incarico", ricorda oggi la figlia Anna Conticello, un'infanzia passata ai piedi di Ulisse. "Papa' era esperto di arte ellenistica e quelle statue furono per lui un colpo di fulmine - e aggiunge -  E quando Moriello comincio' la ricostruzione delle statue io, avevo circa 10 anni, passavo giornate intere nel laboratorio tra quei pezzi infinitesimali di marmi. Per me era un mago". Ecco allora decifrati i colossi di Tiberio dedicati ad Ulisse che dimoravano nella sua Grotta ninfeo. Due scene tratte dall'Odissea (Ulisse e Polifemo e Scilla) e due dall'Iliade (Ulissse che regge il corpo di Achille, e Ulisse e Diomede con il Palladio). Perche' Ulisse? "Perche' Tiberio ne rivendicava la discendenza, direttamente da Telegono figlio di Ulisse e Circe, cosi' come Augusto celebrava le sue origini direttamente da Enea", dice De Spagnolis. E dalla sua Grotta di Sperlonga, Tiberio scorgeva il promontorio del Circeo, terra di amori mitologici.

LIVIA, TIBERIO E ULISSE. Le statue, nona caso, esaltano le virtu' di Ulisse in un programma iconografico che Tiberio potrebbe aver commissionato con la sua nomina di principe ereditario (4-5 d.C.). Grande collezionista d'arte, esperto di arte greca, nei suoi viaggi a Rodi aveva apprezzato proprio i capolavori della scuola locale. Ecco il legame con i Michelangelo della Grecia. E la sua Grotta, gioiello della sua Villa di Sperlonga. Tiberio possedeva il territorio ereditato da parte della madre, Livia amata moglie di Augusto, originaria di Fondi. "La grotta doveva essere un luogo di grande fascino per Tiberio, raggiungibile anche dal mare. Qui decise di concentrare le sue velleita' - avvverte De Spagnolis - Decise come arredare la Villa e il suo speciale antro, trasformandolo nella sala da pranzo, con un'isola al centro di una piscina circolare". Il tutto preceduto da grandi peschiere per la coltivazione di pesci. Qui vi rimase fino al 26 d.C. anno del famoso episodio narrato da Tacito e Svetonio: quando crollo' la volta della grotta e Seiano, il suo capo delle guardie, gli fece scudo col suo corpo. Non volle più tornarci. Dopo l'abbandono della villa, le statue vennero distrutte e gettate nella piscina circolare, obliterate sotto strati di terra. E la grotta per secoli e' divenuta ricovero per le barche di pescatori. Una fortuna? "Certo, in questo modo le opere si sono salvate". Fino a quel primo saggio ordinato da Erno Bellante. Grazie al suo intuito. 
 
Ultimo aggiornamento: Martedì 22 Agosto 2017, 04:30